Romae matri - 1923
Romae
Matri was originally
written in 1911 for the 50-year anniversary of the Italian Kingdom (1861–1911)
(Albini 1911 = A) and republished, in revised and ‘fascisticized’ form, in 1923
(Albini 1923 = B). Albini wrote the poem (in Sapphic stanzas) for a competition
organized by Rome’s city council, but after he himself joined the jury, he had
to withdraw his own poem. Despite being out of competition, Romae Matri was
lauded by the jury members, and the Municipality of Rome eventually offered Albini
the gold medal (Traina 1991: 323n3). In the 1911-edition of the poem, Albini
celebrates the events and leading figures of the Italian Risorgimento, Giuseppe
Garibaldi (1807–1882) in particular, as well as ancient Rome (from its origins
until the triumph of Christianity, vv. 29–108) and Italy’s previous history (the
Maritime Republics, vv. 109–116). This historical excursus forms the background
against which the poet celebrates the Risorgimento as well as the relationship
between modern Italy and antiquity (on Romae Matri, see Sorbelli 1922:
xix-xx; Funaioli 1935: 69–70).
In 1923,
Albini reissued Romae Matri with the Fascist publishing house Imperia for
the Natale di Roma (the ‘Birthday of Rome’ on 21 April), which the
Fascist regime had declared an official Fascist holiday. For the occasion, the
poet added five new stanzas to the 1911-version, in which he recalled the First
World War (vv. 153–164) and celebrated Fascism for its role in ensuring the
rebirth of Rome and the Fatherland (vv. 165–172) (Sacré 2020: 25n37). Albini himself presented the new stanzas as a ‘natural’ additions
(“qualche strofa si era aggiunta quasi da sè…” in Albini 1923: 2). In this way, he suggested a direct line of continuity
between Italian nationalism and Fascist ideology, and implied that the Fascist
March on Rome represented the fulfilment of the Risorgimento.
The copy of
the 1923-edition of Romae Matri used for FLT contains a dedication to
Giovanni Gentile (1875–1944), who was then Minister of Education in Mussolini’s
government formed in 1922. It is currently kept in the Fondo Gentile at
the Philosophy Library of the University of Rome “La Sapienza” (F.G. Misc.
141.16).
Bibliography
Latin texts
Albini, Giuseppe.
1911. Romae matri. Bologna: A. Gherardi.
———. 1923. Romae
matri. Milano: Imperia.
Secondary sources
Binnebeke,
Xavier van. 2020. “Hoeufft’s Legacy: Neo-Latin Poetry in the Archive of the
Certamen Poeticum Hoeufftianum (1923–1943).” In Studies in the Latin
Literature and Epigraphy of Italian Fascism, edited by Han Lamers, Bettina
Reitz-Joosse, and Valerio Sanzotta, 245–325. Supplementa Humanistica
Lovaniensia 46. Leuven: Leuven University Press.
Funaioli,
Gino. 1935. “Giuseppe Albini.” Annuario della Regia Università di Bologna,
55–79.
Sacré,
Dirk. 2020. “Die neulateinische Literatur in Mussolinis Italien.” In Studies
in the Latin Literature and Epigraphy of Italian Fascism, edited by Han
Lamers, Bettina Reitz-Joosse, and Valerio Sanzotta, 13–50. Supplementa
Humanistica Lovaniensia 46. Leuven: Leuven University Press.
Sorbelli,
Tommaso. 1922. “La nuova poesia latina in Italia.” In Lyricorum liber
Alphonsi Mariae Casoli e S. I. Mutinensis. Novissimi poetae Latini Thoma
Sorbelli curante 1. Modena: Vincenzi e Nipoti di D. Cavallotti.
Terzaghi,
Nicola. 1960. “Albini, Giuseppe.” In Dizionario Biografico degli Italiani.
Vol. 2. Rome: Istituto della Enciclopedia Italiana.
Traina, Alfonso. 1991. “Giuseppe Albini latinista.” Eikasmós. Quaderni Bolognesi di Filologia Classica 2: 321–43.
Nicolò
Bettegazzi
Questa ode fu pubblicata il 2 giugno 1911, scritta pochi mesi
prima per il Natale di Roma celebrato quell’anno solennemente. Riguardandola
ora, trovo che non vi abbonda certezza di presagi: chi allora ne abbondò? ma in
quelle stesse sincere esaltazioni era una riposta inquietudine. Quanto ai sensi
e ai sogni umani, ai ricordi italici antichi e recenti, nulla avrei da mutare;
nè mi dolgo di avere espresso come sapevo nella semplicità scolpita della gran
lingua non morta la sempre viva coscienza. Le parole properziane che misi in
fronte al carme: exiguo quodcumque e pectore rivi fluxerit, hoc patriae
serviet omne meae, dicevano quel che era e fu sempre il mio proposito.
Dopochè da tanti petti sgorgarono ben altri rivi, e tra gl’impeti generosi che
hanno scossa e riempiono Roma, qualche strofa s’è aggiunta quasi da sè a quelle
d’allora. E così le offro umilmente al Natale dell’Urbe, gettando anch’io ad
alimentare la gran fiamma questo nulla.
21 aprile 1923
di Roma 2677
di Giano il Duce: per il ciel latino
la radiosa imagine da lungi1
chiama gli sguardi.
i luoghi ha noti ed ogni vetta intorno:
saldo qui stette, qui ricorse in suo
forte ardimento.
parlando i rami un mormorio sommesso,
tornagli a mente l’isola rupestre
ne l’onde tosche,
de’ pini? Questa coprir d’ombre vide
il suo morir2 la donna di guerriero
degna e di carme.
sempre per entro il susurrar3 del bosco:
esule un giorno, cittadino eterno,
fu presso al mesto.
s’odon le voci or degli uccelli, e un tempo
d’Evandro re destavano al mattino
l’umile stanza;
misti co’ tuoi spronarono a vittoria,
astri Polluce e Castore tra gli astri
splendono eterni;
tra i freschi veli de le mobili acque,
segui l’oprar, fedele de la gloria
e de la storia,
che oltre propaghi a le vicende e agli evi,
arce perenne l’arce tua del vecchio
nome latino.
l’uccello9 fido il giovinetto ideo,
l’aquile tue rapiscono le genti
e l’universo.
splendidamente docile, il trionfo,
ovunque movi per l’aer che trema
certe le insegne.
de l’arti fatta, i torbidi costumi
d’un modo abbelli, luminosa norma
dato il diritto.
o le falangi sgomini con l’asta,
o, spogliatasi l’egida, rivegga
le dolci Muse;
del Tebro teco abitatrice apparve,
nè cinto aveva a la serena Atene
tanto suo nume.
o per inverni neghittosi l’aureo
capo lasciasti ascondere e del foco
vivido i semi,
la primavera. Te paventa il tempo
che l’altre moli frange e su le cose
passa e cancella.
trassero spessi al desiato regno;
al fin li scuoti, natural nemica
tu de’ tiranni.
col mite soffio i popoli, e conforto
a’ mesti diè fraterna legge e cibo
d’alte speranze,
di musco avvolti, con più cielo in fronte
pur tu procedi, e di recenti accresci
le lodi prime.
urge l’antica, ma d’entrambe donna
emergi lieta, e lor portenti aduna
l’inclita cerchia.
trascorre, e sgorga a Siracusa in dolce
limpido fonte come quel che brilla
nel terren greco;
la tarda prole ad animar sincero,
e la rapisce, dissipate l’ombre,
a novi fati.
vittorioso il nome e l’armi, venne:
«Qui siamo» disse con sicuro volto,
«qui resteremo».
cuor de’ caduti per la patria: innanzi
arse il pensier di arcane menti, stelle
nostre divine.
virtù lombarda! e monti e campi e valli,
e al grande effetto rinnovata in tutti
unica famma!
salpare a notte le fatate prore;
rise così di fulgido trionfo
il mar sicano.
d’acque sorriso, vedi su tra i poggi
rammentatrici de la vasta pugna
sorgere torri.
move compagno a l’ombra di Virgilio:
quanto fu, è, sarà di santo, cinge
i due che vanno.
duce d’eroi, de la sua schiera il primo,
memore d’ogni gloria, a l’avvenire
auspice guarda.
il sangue gronda: se non più risorga
un tempo triste,15 patirò la stretta
del nobil bronzo.
con le ritolte insegne, e i cittadini
moti domando, a te votò, Concordia,
nitido tempio;
lieta del mondo e di più pure sorti,
vigile al nome de la madre antica
il nostro sangue.
non chiedon pompa di tornanti duci
per la Via Sacra, ma con sè levare
l’anime in alto.
tutta conquisti l’uom: fatto migliore
sopra le cose domini e ritenti
le vie del cielo.
nulla mirò per il volgente globo,
sorga di sè, di sè maggior, che parve
massima, Roma»16
scuro di soffio aquilonar l’eroe:
poi, mentre il mondo desolato in fiotti
nuota di sangue,
e mille prodi parvero afferrarla.
Chè de’ mortali la follia risorge
sempre più cruda,
d’orror, ma insieme fieramente contro
regge, tenace di giustizia e d’armi,
l’itala terra.
degna de’ padri gioventù produci!
Ora il valor, di tua vittoria cinto,
forte de’ fati,
volenterosi: ogni ombra rea dà luogo:
il genio suo, riafferrati i fasci,
occupa l’Urbe.17
Critical Notes
-
1) A prints a quote by Propertius (4.1.59-60):
Sed tamen exiguo quodcumque e pectore rivi
fluxerit, hoc patriae serviet omne meae.
Prop. -
2) A has the following endnote to this verse: Cic. de nat. dd. III 5.
-
3) flores A : fulges B
-
4) A has the following endnote to this verse: Ov. Fast V 47-52.
-
5) exies ceu sol referens A : exiens ceu sol referes B
-
6) ausit A : ausus B
-
7) Forumque A : Forum B, manually corrected Forumque
-
8) A has the following endnote to this verse: Ov. F. I 637-44, Plut. Cam. 42.
-
9) A ends here.
-
10) A dates the poem with III Kal. Mart. a. U. MMDCLXV.
Critical Notes
-
1) di lunge A : da lungi B
-
2) questa il suo morir coprire / d'ombre vide A : questa coprir d'ombre vide /il suo morir B
-
3) l'armonia A : il susurrar B
-
4) volge A : pensa B
-
5) il mare ampio da l'alta / nave che sola A : l'ampio mar da l'alta / nave solcante B
-
6) de' padri madre! o di nepoti A : o dei padri madre! che nepoti B
-
7) procreatrice memori A : mai non indegni produrrai B
-
8) nel benigne A : ne l'amico B
-
9) l'augello A : l'uccello B
-
10) circonda A : incorona B
-
11) florisci A : lampeggi B
-
12) t'incorona A : precinge B
-
13) dèi A : Dei B
-
14) eterna A : antica B
-
15) vile A : triste B
-
16) A ends here.
-
17) A dates the poem with 27 febbraio 1911.