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Ad Vergilium - 1940
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THEMES/GENRES
Ad Vergilium
Carmen
Carmen
a Virgilio
Carme
Carme
1
At te quis tacitum sinat,
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vix ortum tetigit quem tener osculo
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Musarum et Charitum chorus,
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cuique os aetherio rore tenellulum
O chi mai tollererebbe che non si parlasse oggi di te; di te che, appena nato, l’amoroso coro delle Muse e delle Grazie sfiorò col suo bacio;
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ex Hybla dedit illini
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Phoebus, ne latii post modo carminis
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quis maior foret arbiter,
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at qui Maeonium vinceret alitem?
di te a cui Apollo concesse di intingere le tenerissime labbra nella eterea rugiada del monte Ibleo, affinché di poi nessuno fosse, piú di te, signore del verso latino, ma anzi vi fosse, in te, chi superasse il cigno Meonio?
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Haec fecisse Deos rata,
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post bis dena tuum saecla memor diem,
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testis, quae recolens, tuo
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se effert itala gens nomine, Vergili.
Che tutto questo abbiano effettuato gli Dei, attesta l’Itala gente, che memore, rievocando dopo venti secoli il tuo giorno natale, si esalta nel tuo nome, o Virgilio.
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Si pastor calamo gemis
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ereptum patriae dulce tibi solum;
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seu Minci trepidum libet
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murmur candidulis pingere oloribus;
Sia che, in veste di pastore, nel carme bucolico tu pianga, a te strappato, il dolce suolo natio; sia che ti piaccia rappresentare il trepido mormorio del Mincio, popolato di candidi cigni;
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voces seu legis arborum
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balatusque ovium corde vagantium,
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et curas animi levas
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quo silvas Corydon carmine personas;
sia che tu accolga nel cuore le voci degli alberi e i belati delle vaganti pecore, o allevii gli affanni dell’animo con quel verso che, sotto il nome di Coridone, fai echeggiare per le selve;
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humanis tua sensibus
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pollet musa quidem pectora vinciens,
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prisca et simplicitas ciet
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divinique animos ruris amor novus.
sempre la tua Musa, per umanità di affetti avvicendo i cuori, è potente su noi; e l’antica semplicità del vivere e il rinnovato amore della divina campagna attraggono col loro richiamo gli animi nostri.
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Si natum Veneris pium
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concludis numeris magna sonantibus;
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si, Anchisa duce, Julii
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lumen iam cupido sideris exseris;
Se, nel verso eroico, tu tratteggi e concludi la figura del pio figlio di Venere; se, per opera di Anchise, tu fai balenare il fulgore dell'astro Cesareo agli occhi avidi di Enea
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si tantas pelagi minas,
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rura et tot latio sanguine pinguia,
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unde Urbs postmodo, qua nihil
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possit sol oculis visere pulcrius,
se descrivi le orrende minacce del mare, e l'ampia distesa delle campagne ubertose, facondate dal sangue latino: tutto ciò insomma per cui Roma (della quale gli sguardi del Sole non possano mai rimirare cosa plú bella!)
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surgat Roma tibi, potens
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armis, Roma suo iure potentior;
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hae quas persequeris vices
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romanam redolent usque superbiam;
ti si affaccia al pensiero, potente in armi, piú potente anche per le leggi; le vicende che descrivi spirano tutte romana fierezza:
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romani inde patent nimis
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stringentes aciem Martis imagines,
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utrimque auribus obstrepunt
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saepe in bella viros acra cientium,
ecco balzano dinanzi agli occhi nostri i Romani — vive immagini di Marto — tutti stretti a battaglia; ecco rintronano da una parte e dall'altra nelle orecchie gli squilli frequenti delle trombe bronzee eccitanti i guerrieri alla pugna,
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tota ut fluxerit in tuum
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vis — nec vana fides — pectus Apollinis,
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ut si Pierides suo
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unum te faciles numine adauxerint.
quasi che — e cosi crediamo a ragione — sia trasfuso nel tuo petto tutto l'estro di Apollo; quasi che le Pieridi propizie abbiano col loro nume dato valore a te solo.
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At nos non ita perciunt
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quae agresti recinis pastor arundine,
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non tam quae bonus in sacram
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romanae memoras urbis originem,
Eppure, ben piú dei tuoi carmi pastorali, ben piú degli esametri che amorosamente dedichi alla sacra origine di Roma, ci commuovono i versi
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quam queis primus agricolûm
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vitam stare bonis providus admones;
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quae romana per oppida
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ascraeo renovas ore disertior.
coi quali, per primo, provvidamente ammonisci che la vita umana è connessa con l’agricoltura; quei versi che tu, con voce piú eloquente della voce ascrea, vai ripetendo per tutte le terre di Roma.
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Nempe his Ausoniae decus,
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his innixa salus et patriae viget,
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his terrae insita vis nova
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fecundo segetum plus feret ubere.
Per quei versi, veramente, rifulge l'onore di Ausonia e ha vigore la salute della patria; per essi una nuova forza, insita nella terra, produrrà messi piú abbondanti.
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O seris utinam, quae avis,
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cantet vox eadem cara nepotibus
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et, te vate, situm queant
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agri ponere teque auspice, Vergili!
Oh, cosí canti la voce ugualmente cara agli avi e ai lontani nepoti; cosí i campi possano liberarsi da ogni squallente torpore, te vate ed auspice, o Virgilio!
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Non divum sine numine
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te, qui deciderant, ausa resumere
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fasces, ex animo deum
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aetas Indigetem nostra sibi vocat.
Non senza disegno divino, l’età nostra, che ha osato rialzare i già abbattuti segni imperiali, di cuore chiama te Nume Indigete.
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Hanc usque in melius rege,
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arvorum studium pluribus induens,
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ut multis sua finium
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nuper quae asseruit iura cruoribus,
E tu guidaci verso sorti sempre migliori; tu innamora sempre piú della terra gli Italiani, sicché la Patria nostra, la quale da poco, a prezzo di tanto sangue, ha fatto valere i suoi sacri diritti territoriali,
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externae haud opis indiga
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ex sese Cereris munera suppetat,
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ceu natos proprio parens
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nutrit rite suos ubere laetior!
non piú accatti fuori il suo pane, ma tragga dal suo proprio grembo i doni di Cerere, al modo stesso che una madre nutrisce, piamente piú lieta, col proprio latte i suoi nati!