PDF
EXPORT
De lyricorum principe apud Romanos - 1937
AUTHOR
THEMES/GENRES
De lyricorum1 principe apud romanos
Il più grande tra i poeti lirici di Roma
1
Ex communi eruditorum sententia omnibus latinis lyricis Q. Horatius Flaccus ingenio et urbanitate praestitit. Neque mehercule iniuria. Nam post aliquod temporis spatium cogitanti mihi, alumni humanissimi, quae potissima sint Horati carmina, omnia fere, ut quod sentio dicam, digna quae potissima dicantur visa sunt, quoniam ex omnibus praestantissimus poëta et artifex summus apparet atque exstat.
A giudizio universale degli eruditi, Quinto Orazio Flacco supera tutti quanti i lirici latini, sia per l’ingegno, sia per la composta signorilità. E il giudizio è giusto: dopo matura riflessione, mentre avevo domandato a me stesso, se potesse farsi una scelta dei carmi piú belli di lui, o scolari umanissimi, sono giunto a questa conclusione: per dirla come penso, quasi nessuno di quei carmi sarebbe da escludersi, perché in tutti noi troviamo il poeta valentissimo e l’artista sommo.
2
Noster enim eximius carminum scriptor spiritus magnificentia, loquendi elegantia, sententiarum formositate verborumque flumine, lyricorum latinorum princeps appellari posse mihi videtur: cuius rei causa Quintilianus eum iure meritoque fere solum lyricorum Romanorum legi dignum dicere non dubitavit.
3
Namque Venusinus poëta cum ab ineunte aetate se totum in litteras abdidisset, iuvenis in carmina scribenda incubuit; quam ob rem cito in se civium animos plane convertit, atque eum tanti fecerunt Varius ac Vergilius, ut ad Maecenatem duxerint; deinde poëtarum tutor novem post mensibus non solum eum in amicorum numerum rettulit, sed etiam postea semper dilexit et carum habuit.
4
Horatius vero, lectores benevoli, vir bonae indolis atque sinceri integrique animi et modestarum cupiditatum fuit; nam eius praecepta viri probi, honesti, prudentis, et omni animi perturbatione orbati esse mihi videntur.
5
Sermones igitur iuvenis scripsit, quibus spiritus quietem, omnium rerum moderationem, vitae integritatem, ruris oblectationem se ardenter cupiisse ostendit; a Lucilio autem versum hexametrum mutuatus est, quem studiosissime ac diligentissime, pro tempore et pro re, expolitum, summo artificio perfecit. Sed Horatius, sermonibus editis iam clarus, lyricum Romae poëtam se esse cupiit atque exoptavit; quamvis, ut ipse fatetur, humili loco natus, maximo cum labore ad exitum pervenit et ingenii vi ac facultate gloriam immortalem sibi comparavit: nam a. XXIII a. Chr. n. tres carminum libros dilecto atque accepto Maecenati dicatos edidit; praeterea aliquot post annis, divo Augusto suasore, quartum quoque librum exaravit.
A me sembra che Orazio, e per nobiltà di ispirazione, e per l’eleganza dallo stile, e per la bellezza dalle sentenze, e per la ricchezza dei vocaboli, possa chiamarsi il primo tra lirici latini; e perciò appunto Quintiliano ebbe ragione quando non esitò a proclamarlo quasi il solo fra i lirici romani, degno di esser letto.
Il Venosino, dunque, fino dalla piú tenera età, si dedicò interamente alle lettere; fin da giovane coltivò la poesia; per la qual cosa richiamò su di sé la ammirata attenzione dei suoi concittadini; e Varo e Virgilio ebbero tale concetto di lui, che lo presentarono a Mecenate; e dopo nove mesi, quel grande protettore dei poeti lo ebbe nel novero degli amici non solo, ma da allora sempre l’amò e l’ebbe graditissimo.
Orazio, o benevoli che mi leggete, fu uomo di felice indole, di animo integro e schietto, di desideri modesti; e perciò gli insegnamenti di lui mi sembrano quelli di un uomo probo, onesto, savio e non tocco da smodate passioni.
Giovane, scrisse quei sermoni, nei quali appare come egli ardentemente desiderasse la tranquillità dell’animo, la giusta misura in ogni cosa, la integrità della vita, i piaceri della campagna. Tolse da Lucilio l’esametro, che con grande amore, e con ammirabile diligenza, e con vero senso d’arte, secondo le occasioni e gli argomenti, condusse alla perfezione.
Frattanto Orazio, che dai pubblicati sermoni aveva ottenuto chiara fama, bramò di essere il poeta lirico di Roma: e, nato in umile stato, come egli stesso dichiara, con grande perseveranza nel lavoro raggiunse l’ intento, e con la potenza e col valore della mente si procurò gloria immortale. Nell’anno 23 a. C. pubblicò i primi tre libri delle odi, dedicati al diletto e caro Mecenate; e alcuni anni dopo, per esortazione di Augusto imperatore, vi aggiunse il quarto.
Il Venosino, dunque, fino dalla piú tenera età, si dedicò interamente alle lettere; fin da giovane coltivò la poesia; per la qual cosa richiamò su di sé la ammirata attenzione dei suoi concittadini; e Varo e Virgilio ebbero tale concetto di lui, che lo presentarono a Mecenate; e dopo nove mesi, quel grande protettore dei poeti lo ebbe nel novero degli amici non solo, ma da allora sempre l’amò e l’ebbe graditissimo.
Orazio, o benevoli che mi leggete, fu uomo di felice indole, di animo integro e schietto, di desideri modesti; e perciò gli insegnamenti di lui mi sembrano quelli di un uomo probo, onesto, savio e non tocco da smodate passioni.
Giovane, scrisse quei sermoni, nei quali appare come egli ardentemente desiderasse la tranquillità dell’animo, la giusta misura in ogni cosa, la integrità della vita, i piaceri della campagna. Tolse da Lucilio l’esametro, che con grande amore, e con ammirabile diligenza, e con vero senso d’arte, secondo le occasioni e gli argomenti, condusse alla perfezione.
Frattanto Orazio, che dai pubblicati sermoni aveva ottenuto chiara fama, bramò di essere il poeta lirico di Roma: e, nato in umile stato, come egli stesso dichiara, con grande perseveranza nel lavoro raggiunse l’ intento, e con la potenza e col valore della mente si procurò gloria immortale. Nell’anno 23 a. C. pubblicò i primi tre libri delle odi, dedicati al diletto e caro Mecenate; e alcuni anni dopo, per esortazione di Augusto imperatore, vi aggiunse il quarto.
6
Quibus carminibus vero valde a lyricis Graecis, ut omnibus notum est, non solum mutuatus atque maxime Alcaeum, Sappho Anacreontemque feliciter imitatus est, sed etiam tam optimum artis sensum natura habuit ut eius carmina formae elegantia ac linguae subtilitate mirabilia fuerint.
7
Nam noster poëta elaboratissimus est, sublimis, suavis, emendatissimus, et in epithetis deligendis peraccuratus ac felicissimus; urbanitas vero mira in eius carminibus elucet, sales candidi, ex abdito erutae sententiae, merae argutiae, lepores ac venustates, sed, eodem tempore, Romana virtus, quam non aliunde, quam ex diviniore sua natura, feliciter expressit.
8
Equidem varia argumenta praeclarus vates tractavit, exempli causa quae de patria, religione, amore et amicitia sentiret declaravit; praeterea manifesto atque facile animum suum monstravit atque vehementer, ut etiam vobis notum est, animadvertit se ad exitum pervenisse atque monumentum aere perennius exegisse.
9
Itaque, studiosi discipuli novae Italiae, praeclarum Romae Caesareae vatem latinasque litteras accurate et diligenter excolite; mementote ea nostri Invictissimi Ducis praeclara verba: «Sanguine Imperium condidimus, labore eum fecundum reddemus »; sic vero nostra dilectissima atque acceptissima Patria digni eritis.
In questi carmi, come nessun ignora, egli non soltanto tolse felicemente a modello i Greci, e in special modo Alceo, Saffo, Anacreonte, ma ebbe da natura una tale perceziono dell’arte, che i suoi versi per eleganza di forma e per precisione verbale suscitarono l’ammirazione di tutti.
E davvero il nostro fu poeta accuratissimo, elevato, piacevole, correttissimo; e nella scelta degli aggettivi pose sommo studio e riuscí felicissimo: nelle sue poesie apparè in piena luce mirabile signorilità; e tu vi trovi urbanissimi frizzi, e, sentenze peregrine e arguzie di ottima lega, e attrattive e bellezze, si; ma anche vedi emergerne la virtú romana, che da lui genialmente è rappresentata.
E il grande lirico trattò argomenti vari: sentí e cantò la patria, la religione, l’amore, l’amicizia: e descrisse i propri sentimenti con tanta passione e con tanta evidenza, che di sé, come tutti sapete, poté dire di aver toccato la metà e di essersi innalzato un monumento che sfida i secoli piú che non facciano le statue di bronzo.
Or dunque, o studiosi alunni della Nuova Italia, vi sia caro quel glorioso poeta della Roma Augustea; vi siano care le lettere latine; abbiate sempre impresse nel cuore le memorande parole del Duce nostro invittissimo: « Col sangue nostro abbiamo fondato l’ Impero: col nostro lavoro lo feconderemo »: cosí davvero sarete degni della nostra dilettissima e adorabile Patria.
E davvero il nostro fu poeta accuratissimo, elevato, piacevole, correttissimo; e nella scelta degli aggettivi pose sommo studio e riuscí felicissimo: nelle sue poesie apparè in piena luce mirabile signorilità; e tu vi trovi urbanissimi frizzi, e, sentenze peregrine e arguzie di ottima lega, e attrattive e bellezze, si; ma anche vedi emergerne la virtú romana, che da lui genialmente è rappresentata.
E il grande lirico trattò argomenti vari: sentí e cantò la patria, la religione, l’amore, l’amicizia: e descrisse i propri sentimenti con tanta passione e con tanta evidenza, che di sé, come tutti sapete, poté dire di aver toccato la metà e di essersi innalzato un monumento che sfida i secoli piú che non facciano le statue di bronzo.
Or dunque, o studiosi alunni della Nuova Italia, vi sia caro quel glorioso poeta della Roma Augustea; vi siano care le lettere latine; abbiate sempre impresse nel cuore le memorande parole del Duce nostro invittissimo: « Col sangue nostro abbiamo fondato l’ Impero: col nostro lavoro lo feconderemo »: cosí davvero sarete degni della nostra dilettissima e adorabile Patria.
Critical Notes
-
1) lyricorum : originally lycorum, emended by FLT-editors.