Italia renata - 1930
Giovanni Mazza
Poesie latine e italiane
a cura di Armando Maglione e Biagio Scognamiglio
Dick Peerson
Nell’ode Italia renata (sulla “rinascita d’Italia”) la strofe alcaica, cara all’Orazio delle odi romane, è usata per evidenti fini ideologici, dichiarati in modo del tutto esplicito nella contrapposizione fra la voce di Camillo, che dal Campidoglio invoca gli dei di preservare l’antico onore (“honos vetustus”), e la fazione avversa alla sacertà della patria a tal punto da esporre la nazione al mortale pericolo delle guerre civili. Giove ascolta l’eroe e concede un duce superiore allo stesso Camillo per il valore e per l’animo indomito a Catone. Segue l’esaltazione della politica interna ed estera del duce con la tecnica dell’amplificazione retorica, che trova però margini di privato riscatto in un sentimento sincero della presenza dell’immortale nume di Roma divina (“Divinae perenne / sentio numen adesse Romae”). Le immagini conclusive del duce che paternamente sorride (“rides paternus Dux”) e di Apollo folgorante sulla rocca latina compendiano l’ingenuità lirica di Mazza, che dal suo amore per Roma fu spinto evidentemente ad auspicarla e crederla davvero rinata.
b.s.
METRO: strofe alcaica (due endecasillabi, un enneasillabo, un decasillabo).
invocava gli eccelsi dei della patria
affinché non andasse in rovina per colpa
dei discendenti l’antico onore d’Ausonia
dai giovani versato non fosse di ludibrio
alla fazione che stolta negava
sacra la patria, e alla vacillante
la sedizione, e non si dolesse troppo
a lungo il milite ignoto nel negletto sepolcro
d’esser caduto per la patria;
dette alla nave in pericolo,
superiore in valore a Camillo
e nell’animo indomito a Catone.
mare si placa, fuggono le nere
nubi dal cielo, radioso
nasce il sole sull’urbe di Quirino.
sangue è stato versato, eccelsa stirpe,
né invano per te il santo fiume
degno di canto miglior lira,
ché tu, vittoriosa con coraggio, all’ignaro
nostro regno hai mostrato le nuove
vie, le nuove arti dell’impero.
integro ancora in forza dell’unione è in vigore;
la forza respinge gli interni ribelli,
della forza il nemico, audace e incauto, trema.
continua le tue alacri arti, o lavoro;
produci messi, o terra, procura, sonora
officina, ricchezze alla patria!
ali, squarciate l’aria rimbombante,
annunziate accresciute al mondo
le forze e l’onore d’Italia!
si leva fulgida nei divini occhi
e plasma una rinnovata stirpe
che agli astri porterà l’italo regno.
Balilla, che vinci con la gloria il tempo,
che dài alla coorte dei figli
i sassi e il fatidico nome!
armi, armi! Gliele danno se lo comanda un dio:
ecco, combatte ardente, ecco, trionfa levando
fino agli alti astri, come un tuono, l’alalà.
Cristo è tornato a carezzare gli animi
dei valorosi, con la santa religione
son tornati Fede e Pudore.
e annuisce allo scettro del Re Vindice:
dal Vaticano, dalla Reggia
è tutto un trionfo dell’alma Roma.
che inizia la corona degli itali fasti,
e la nazione nostra salvata dall’aiuto
di uno solo serena attende i fati.
riscalda i campi col buon tepore,
desta la terra dal sonno, la rigida
brina invernale dissipa,
luce e calore in ogni cosa
infonde: gli cedono i fati
e comincia un’èra nuova.
gli occhi come il fuoco del paterno maglio
luccicare, e glieli ho visti, nel sollevare
l'altrui dolore, umidi;
ai vecchi schiacciati dal tempo, all’infanzia,
e la prole accresciuta,
e gli insidiosi morbi allontanati;
ma ho pregato: “Dio, alla patria
serba il duce!”. L'Onnipotente ha dato
ascolto al poeta che non una volta sola ha pregato.
settima dei fasci felicemente al potere:
la folla colma la Via Sacra
e al vento garrisce la bandiera d’Italia.
Ancora trionfi, Mario, su sconfitti
Teutoni e Cimbri? Della divina
Roma sento presente il perenne nume.
le coorti nere in triplice schiera,
e, belle della fiorente prima età,
cantano l’inno sacro alla Giovinezza.
sorride, ché son rinate le itale forze.
Applaude coralmente la città eterna. Apollo
folgora al di sopra della rocca latina.