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[Speech by Mussolini, 2 October 1935] - 1936
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THEMES/GENRES
LAFONDAZIONEDELL’IMPERO
NEI DISCORSI DEL DUCEALLE GRANDI ADUNATEDEL POPOLO ITALIANOCON UNA TRADUZIONE LATINADI NICOLA FESTA
PROF. ORD. DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA
EDITRICE RISPOLI ANONIMANAPOLI
Al lettore
Il numero speciale che la “Rassegna dei combattenti” pubblicò per il XXIV Maggio 1936 – XIV sì apre con una traduzione latina del discorso tenuto dal Duce per la proclamazione dell’Impero. La grandiosità del discorso risalta in modo mirabile trovando, per così dire, nella severa lingua degli avi la sua naturale espressione e la forma monumentale di un documento storico destinato a sfidare i secoli. Inoltre, questo saggio di traduzione risponde doppiamente a particolari esigenze dell’ora storica presente. Da un lato esso offre un primo contributo al movimento nazionale per il ritorno all’uso del latino nelle trattazioni scientifiche e nelle manifestazioni solenni dell’anima italiana, che riprende le sue più antiche tradizioni di fronte al mondo moderno. Dall’altro lato, esso permette agli stranieri di conoscere i pensieri del Duce con la loro perfetta rispondenza alle intime convinzioni del popolo italiano, senza possibilità di equivoci o malintesi derivanti da scarsa conoscenza della nostra lingua o da manchevoli traduzioni nelle varie lingue, nel momento in cui la parola del Duce si diffuse per radio o nei giornali di tutti i paesi civili. Il testo latino acquista i tal modo un valore documentario unico per coloro che nelle varie nazioni vorranno rendersi conto dello spirito e dei propositi che animano gl’Italiani di oggi e della compattezza nazionale ottenuta i quattordici anni di regime fascista.
Tali ragioni debbono avere avuto il loro peso in tutti coloro che trovarono da lodare il saggio offerto dalla “Rassegna dei combattenti” e che scrivendo al traduttore espressero il desiderio di dare ad esso una più larga diffusione e soprattutto di farli conoscere agli alunni delle nostre scuole, in Italia, nelle colonie e all’estero.
Tenendo conto di questo desiderio, e stimolato anche da un vivo bisogno dell’animo suo, il prof. Festa ha tradotto anche gli altro due discorsi solenni delle adunate generali, l’una tenuta nell’imminenza delle operazioni militari nell’Africa Orientale e delle deliberazioni del blocco economico contro l’Italia e l’altra per l’annunzio della vittoria finale in Etiopia e dell’entrata trionfale di Badoglio in Addis Abeba.
Queste tre orazioni, formanti idealmente un trittico, meritano di essere tenute presenti da ognuno dei quarantaquattro milioni d’Italiani che hanno avuto la fortuna di vivere nella luce di queste gloriose giornate dell’anno XIV. E meritano anche di andare oltre i confini dell’Italia ed essere meditate tanto dagli amici dell’Italia quanto da coloro che del non essere amici non hanno altra scusa che l’ignoranza della realtà presente.
Questa Casa Editrice si è imposto il compito di contribuire a quest’opera di umanità e di saggezza presentando in bella veste i discorsi stessi con la traduzione a fronte, in un opuscolo avente pregi artistici adeguati all’importanza del soggetto.
Il Capo del Governo si è compiaciuto di dare la Sua ambita autorizzazione alla pubblicazione; del che il traduttore e la Casa editrice Gli rendono qui pubblicamente grazie.
GIUSEPPE RISPOLIEDITORE IN NAPOLI
1
Nigra subucula induti vos novi rerum ordinis auctores!
Italiae universae cives utriusque sexus!
Itali per terrarum orbem trans montes trans aria dispersi! Audite.
Italiae universae cives utriusque sexus!
Itali per terrarum orbem trans montes trans aria dispersi! Audite.
Camice Nere della Rivoluzione!
Uomini e donne di tutta Italia!
Italiani sparsi pel mondo, oltre i monti e oltre i mari: ascoltate!
Uomini e donne di tutta Italia!
Italiani sparsi pel mondo, oltre i monti e oltre i mari: ascoltate!
2
Hora insignis adventat et in patriae nostrae annalibus memoranda.
Un’ora solenne sta per scoccare nella storia della Patria.
3
Civium ducenties centena millia in urbium Italicarum areis hoc ipso temporis puncto conferti convenerunt. Nunquam antea in humani generis actis maius aliquod spectaculum relatum est vel magnificentius. Hominum ducenties centena millia; mens una, unum propositum, unum consilium. Horum conventus probare cupit probatque omnibus Italiam et Fascismum adeo coaluisse ut unum idemque sint neque scindi neque seiungi possint.
Venti milioni di uomini occupano in questo momento le piazze di tutta Italia. Mai si vide nella storia del genere umano, spettacolo più gigantesco. Venti milioni di uomini: un cuore solo, una volontà sola, una decisione sola. La loro manifestazione deve dimostrare e dimostra al mondo che Italia e Fascismo costituiscono una identità perfetta, assoluta, inalterabile.
4
Aliter sentiant nescio quorum vanissimi erroris nebulis circumfusae mentes aut si quibus torporem attulit ingens de Italiae viris et rebus inscitia; huius dico Italiae anni MCMXXXV, a restitutis Fascibus XIII.
Possono credere il contrario soltanto cervelli avvolti nelle nebbie delle più stolte illusioni o intorpiditi nella più crassa ignoranza su uomini e cos d’Italia, di questa Italia 1935. Anno XIII dell’Era Fascista.
5
Complures iam menses Fatorum rota sereno a nobis impulsa consilio fertur ad metam; his horis eius motus fit velocior neque iam poterit contineri.
Da molti mesi la ruota del Destino, sotto l’impulso della nostra calma determinazione, si muove verso la mèta; in queste ore il suo ritmo è più veloce e inarrestabile ormai!
6
Non exercitus tantum hic est, ad propositum tendens finem; natio integra est, capitum quadringenties quadragies centena millia, populus ingens in quem turpissimam iniuriam nonnulli conantur inferre, scilicet ut solis lumine pariter ac ceteris gentibus frui nobis non liceat.
Non è soltanto un esercito che tende verso i suoi obiettivi, ma è un popolo intero di 44 milioni di anime, contro il quale si tenta di consumare la più nera delle ingiustizie: quella di toglierci n po’di posto al sole.
7
Cum ante hos XX annos in summum discrimen obtulit se Italia, suamque fortunam cum sociorum fortuna commiscuit, quam multas audivimus nostrae virtutis laudes, quam multas pollicitationes! Sed post communem victoriam, quae non nisi Italorum mortuorum sexcentis septuaginta millibus, mutilatorum quadraginta millibus, vulneratorum decies centenis millibus parta est, circa mensam pacis iniquae, de pingui coloniarum praeda frustula tantum Italiae oblata sunt. Annos iam XIII patienter duravimus, quibus alienae avaritiae circulus quidam vires nostras comprimens magis magisque adstrictus est. Adversus Aethiopiam annos quadraginta duravimus! Iam satis est!
Quando nel 1915 l’Italia si gettò allo sbaraglio e confuse le sue sorti con quelle degli alleati, quante esaltazioni del nostro coraggio e quante promesse! Ma dopo la vittoria comune, alla quale l’Italia aveva dato il contributo supremo di 670 mila morti, 400 mila mutilati, e un milione di feriti, attorno al tavolo della pace esosa non toccarono all’Italia che scarse briciole del ricco bottino coloniale. Abbiamo pazientato 13 anni durante i quali si è ancora più stretto il cerchio degli egoismi che soffocano la nostra vitalità. Coll’Etiopia abbiamo pazientato quarant’anni! Ora basta!
8
Nationum Societas, nedum iuris nostri rationem habeat, sanctiones minatur.
Alla Lega delle Nazioni invece di riconoscere i nostri diritti, si parla di sanzioni.
9
Galliae populum genuinum ac magnanimum sanctionibus Italiae irrogandis consentire posse equidem nisi re probata credere recuso. Commoveantur alioqui sub humo qua obruta sunt corpora sex millia virorum qui ad urbem Bligny strenue pugnantes tanto impetu ut ipsi hostium duci admirationem extorserint, ceciderunt.
Sino a prova contraria, mi rifiuto di credere che l’autentico e generoso popolo di Francia, possa aderire a sanzioni contro l’Italia. I seimila morti di Bligny, caduti in un eroico assalto che strappò un riconoscimento d’ammirazione dello stesso comandante nemico, trasalirebbero sotto la terra che li ricopre.
10
Similiter credere recuso genuinum Magnae Britanniae populum, cui nulla antea cum Italia contentio fuit, discrimini eiusmodi paratum esse, quo totam Europam in ruinam deiciat, dummodo regio Africana orbi terrarum infamis, velut omni humanitate carens, defendatur.
Io mi rifiuto del pari di credere che l’autentico popolo di Gran Bretagna che non ebbe mai dissidi con l’Italia, sia disposto al rischio di gettare l’Europa sulla via della catastrofe, per difendere un paese africano, universalmente bollato come un paese senza ombra di civiltà.
11
Sanctionibus ad aerarium pertinentibus nostram disciplinam, nostram sobrietatem, nostros denique animos utilitatis propriae immemores opponemus.
Alle sanzioni economiche opporremo la nostra disciplina, la nostra sobrietà, il nostro spirito di sacrificio.
12
Sanctiones militares militaribus consiliis rependemus.
Alle sanzioni militari risponderemo con misure militari.
13
Bellicis actionibus bellicas actiones compensabimus.
Ad atti di guerra risponderemo con atti di guerra.
14
Posse nos flecti sine certamine asperrimo nemo arbitretur!
Nessuno pensi di piegarci senza avere prima duramente combattuto.
15
En verba, en habitus quo populus famae suae sollicitus utatur oportet!
Un popolo geloso del suo onore, non può usare linguaggio, né avere atteggiamento diverso!
16
Sed iterum atque iterum dicatur illud de quo ego sacramento coram vobis me obstringo: nos summa ope annixuros ne bellum nostrum colonicum sive genere sive magnitudine in Europaeum bellum convertatur. Fuerit istud in eorum votis qui novum bellum velut opportunam causam prospiciunt qua deiecta iam templa ulciscantur, minime in nostris!
Ma sia detto ancora una volta nella maniera più categorica, e io ne prendo in questo momento impegno sacro davanti a voi, che noi faremo tutto il possibile perché questo conflitto di carattere coloniale non assuma il carattere e la portata di un conflitto europeo. Ciò può essere nei voti di coloro che intravedono in una nuova guerra la vendetta dei templi crollati, non nei nostri.