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Ad Benitum Mussolini - 1938
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THEMES/GENRES
The following text is taken from Francesco Lo Parco, I canti dell’impero con prefazione e note bilingui e quattro traduzioni metriche latine dell’on. dott. Domenico Tinozzi e del prof. Luigi Illuminati, translated by Luigi Illuminati and Domenico Tinozzi (Milan: La Prora, 1938), pp. 49-58.
AD BENITUM MUSSOLINI
INCLYTUM ROMANI IMPERII RESTAURATOREM
QUEM GENS ITALICA SPECTAT ET AMAT.
(Il canto dell'amore e della vittoria)
1
Ardentes oculi perspicuum Ducis
2
Sunt cordis speculum fallere nescii:
3
Manant his radii, tela vel acria,
4
Afflat cum pietas, aut vigor igneus.
5
Hic pius, hic acer, vis huic germana fidesque,
6
Quem vigilem Patriae Dî voluere Ducem.
De l’alta acuta mente,
De l’alacre pensiero,
È l’occhio suo possente
Lo specchio veritiero:
prizza faville fulgide,
Talor corruschi lampi,
Mostra qual dentro avvampi
L’arcano suo poter.
È spirto gagliardo – ch’eleva, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
De l’alacre pensiero,
È l’occhio suo possente
Lo specchio veritiero:
prizza faville fulgide,
Talor corruschi lampi,
Mostra qual dentro avvampi
L’arcano suo poter.
È spirto gagliardo – ch’eleva, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
7
Dux fatur: «Comites, Patria nos vocat:
8
«Corde est nunc valido, nunc animis opus.
9
«Cunctantem meritae tradite me neci;
10
«Sin interficiar, surgite vindices».
11
Mandat iussa tenax ac vires viribus addit,
12
Quem vigilem Patriae Dî voluere Ducem.
Altero e franco il gesto,
Ei dice baldo e forte:
«Colpite, se m’arresto,
A chi m’uccida… morte!
Pensate a’ nostri martiri;
Avanti! Italia chiama:
Chi al crin l’alloro brama
Sappia lottar, voler».
È spirto tenace – che vuole, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
Ei dice baldo e forte:
«Colpite, se m’arresto,
A chi m’uccida… morte!
Pensate a’ nostri martiri;
Avanti! Italia chiama:
Chi al crin l’alloro brama
Sappia lottar, voler».
È spirto tenace – che vuole, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
13
Vulgi dum temere pectora concita
14
Audent Ausoniam sternere gloriam,
15
Dux, rerum capiens mox moderamina,
16
Affert auxilium civibus anxiis.
17
Audentem vultu sequitur Fortuna benigno,
18
Quem vigilem Patriae Dî voluere Ducem.
E l’Italia negletta,
Dopo la gran vittoria,
Divien per lui l’eletta,
Faro di nova gloria;
Da l’Urbe madre, il vindice
Detta la sua parola,
Ch’ammonitrice vola,
Sul più lontano mar.
È spirto temprato – ch’eccelle, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
Dopo la gran vittoria,
Divien per lui l’eletta,
Faro di nova gloria;
Da l’Urbe madre, il vindice
Detta la sua parola,
Ch’ammonitrice vola,
Sul più lontano mar.
È spirto temprato – ch’eccelle, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
19
Genti Romuleae laus redit ac honor;
20
Stagnis letiferis oppida prodeunt;
21
Dextram Rex Italûm, post mala jurgia,
22
Praebet Pontifici: rura virent nova.
23
Quot iuvat insomnem rigidos perferre labores,
24
Quem vigilem Patriae Dî voluere Ducem.
O magico prodigio
Del simbolo di Roma,
Che dà tanto prestigio,
L’avverse forze doma!
Patria e Fè concilia,
Fonda città, la terra
Mostra, che i ben disserra
A chi la sa vangar!
È spirto operoso – ch’incita, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
Del simbolo di Roma,
Che dà tanto prestigio,
L’avverse forze doma!
Patria e Fè concilia,
Fonda città, la terra
Mostra, che i ben disserra
A chi la sa vangar!
È spirto operoso – ch’incita, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
25
Ut Numen colitur gentibus omnibus,
26
Cunctorum pater providus, impiger.
27
«Dux, dux», per plateas turba fidelium,
28
«Dux, Dux», per semitas fervida clamitat.
29
Hic fortis forti cives dominatur amore,
30
Quem vigilem Patriae Dî voluere Ducem.
A lui perciò la gente
Qual’a nume s’inchina,
L’ama d’amore ardente,
Che sempre più s’affina;
In dense piazze, estatica,
Lo chiama: Duce! Duce!
Appare… e viva luce
Sente nel cor brillar.
È spirto vibrante – ch’accende, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
Qual’a nume s’inchina,
L’ama d’amore ardente,
Che sempre più s’affina;
In dense piazze, estatica,
Lo chiama: Duce! Duce!
Appare… e viva luce
Sente nel cor brillar.
È spirto vibrante – ch’accende, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
31
Quos sors excruciat morsibus acribus
32
Sponte et sollicito munere sublevat;
33
Vitamque ingenuam ducere gestiens,
34
Dilectum populo se magis efficit.
35
Actu, quod cives docuit sermonibus, implet,
36
Quem vigilem Patriae Dî voluere Ducem.
Questa vampa d’affetto
Tutta ei sente nel core;
S’infiamma nell’aspetto,
Vibra d’intenso amore;
E scende in mezz’al popolo,
Senza nessun riguardo,
L’abbraccia con lo sguardo,
Che infinito t’appar.
È spirto amoroso – ch’avvince, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
Tutta ei sente nel core;
S’infiamma nell’aspetto,
Vibra d’intenso amore;
E scende in mezz’al popolo,
Senza nessun riguardo,
L’abbraccia con lo sguardo,
Che infinito t’appar.
È spirto amoroso – ch’avvince, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
37
Praecinctus magicis viribus, undique
38
It Dux insidiis integer obviam;
39
Vecors quin etiam qui gladio Ducem
40
Assultat, gladio, nec mora, sternitur.
41
Expers usque metus, metuenda pericula spernit,
42
Quem vigilem Patriae Dî voluere Ducem.
Lo dicono fatato,
E credo inver lo sia,
Chè non fu mai sfiorato
Da nessun’arma ria;
Ma chi obliò, sacrilego,
Che il Duce non si tocca,
Sentì che presto scocca
Del popolo lo stral!
È spirto sacrato – ch’ardisce conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
E credo inver lo sia,
Chè non fu mai sfiorato
Da nessun’arma ria;
Ma chi obliò, sacrilego,
Che il Duce non si tocca,
Sentì che presto scocca
Del popolo lo stral!
È spirto sacrato – ch’ardisce conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
43
Aetatis veteris dum decus expetit,
44
Argutis oculis ultima percipit;
45
Dux leges rigidas jura dat arbiter,
46
Summis signa coli mandat honoribus.
47
Ille domi fingit cives bellique potentes,
48
Quem vigilem Patriae Dî voluere Ducem.
Forte del suo potere,
Figge lontan lo sguardo,
Impone il suo volere,
Con animo gagliardo;
A chi lede, improvvido,
Il tricolor vessillo,
Fa rintronar lo squillo
D’aspra pugna feral.
È spirto guerriero – che sfida, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
Figge lontan lo sguardo,
Impone il suo volere,
Con animo gagliardo;
A chi lede, improvvido,
Il tricolor vessillo,
Fa rintronar lo squillo
D’aspra pugna feral.
È spirto guerriero – che sfida, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
49
Poenas immeritas, verba minantia
50
Ac orbis rabiem despicit invidam,
51
Fusisque Aethiopum Dux legionibus,
52
Nobis Imperium reddit ovantibus.
53
Civis Romani gestat mentemque decusque
54
Quem vigilem Patriae Dî voluere Ducem.
Infrena, al suon de l’armi,
I truci Russi insani;
In gola smorza i carmi
Di lurchi e di marrani;
L’infido, pravo Etìope,
Pur contro il mondo intero,
Fiacca, e del novo impero
Rifulge fondator.
È spirto romano – che doma, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
I truci Russi insani;
In gola smorza i carmi
Di lurchi e di marrani;
L’infido, pravo Etìope,
Pur contro il mondo intero,
Fiacca, e del novo impero
Rifulge fondator.
È spirto romano – che doma, conforta;
È vigile scorta – che Dio ci mandò.
55
Ortum Te Superûm semine cogitans,
56
Mira optat populus fataque prospera.
57
Urbs orbis redeat, Sospite Te, caput,
58
Dux, et perpetuum stet Capitolium!
59
Bellis compositis tandem, imperioque recepto,
60
Consule Te vigili, Roma sit orbis amor!
Messo di Dio Signore
Tu fosti ben nomato;
E dal tuo gran valore
Aspettan tutti il fato.
Padre, fa che la patria
Imperial, nel mondo,
Sia simbolo fecondo
Ognor di pace, amor.
È spirto superno – che splende, conforta,
D’Italia qual scorta – Iddio lo mandò2.
Tu fosti ben nomato;
E dal tuo gran valore
Aspettan tutti il fato.
Padre, fa che la patria
Imperial, nel mondo,
Sia simbolo fecondo
Ognor di pace, amor.
È spirto superno – che splende, conforta,
D’Italia qual scorta – Iddio lo mandò2.
Dominicus Tinozzi vertit latine.
Cingiliae Vestinorum, a. d. III Id. Febr. MCMXXXVII-XV.
Original Footnotes
-
1) Questo inno di amore e di fede, trasformato e rifuso, ritoccato e limato, ripetutamente, nello spazio del triennio 1935-1937, con sempre nuovo inappagato desiderio di perfezione, fin da quando, manoscritto, non ancora nettamente delineato, con qualche incertezza e dissonanza, fu inviato al Duce, ebbe l’alto onore di giungergli gradito, e di essere giudicato con singolare benevolenza. Infatti, giusta la nota pubblicata nella suddetta prima edizione dell’Inno, il Capo del Governo, per mezzo di S. E. l’on. A. Starace, Segretario del Partito, si compiacque di far comunicare all’Autore «il suo alto gradimento, per il profondo sentimento fascista, a cui era ispirato».
-
2) Accolto coi più vivi elogi, oltre che dal Duce, da S. M. il Re Imperatore, dalle alte Gerarchie dello Stato e del Partito, da critici e poeti, fra i quali mi limito a ricordare G. A. Cesareo, Guido Mazzoni, Vittorio Cian, Francesco Torraca, Pietro Fedele e tanti altri, dalla pubblica stampa, compresa quella di carattere militare, come i periodici Le Forze Armate (Roma, 22 gennaio 1936) e la Rivista di Fanteria (Roma, aprile 1936); quest’inno ebbe anche il singolare privilegio d’ispirare una geniale e originale, irrompente e travolgente Marcia militare al sullodato Maestro P. Leonardo D’Angelo, che, se non avesse vestito l’abito del Poverello, non avrebbe avuto soltanto il plauso di maestri e compositori insigni e l’onore d’impeccabile esecuzione bandistica, come quella della Banda Presidiaria del 31o Fanteria, nell’atrio della Caserma «Principe di Piemonte» di Napoli, alla presenza delle Autorità militari, sotto la direzione del valente maestro Francesco Carotenuto; ma avrebbe gustata la più vibrante gioia della popolarità, che non potrebbe non arridere alla sua musica, se fosse pubblicata e autorevolmente divulgata.